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Demolizione vasca navale all’Università di Trieste: intervista a Roberto Prever, ingegnere navale

L’Università di Trieste ha deciso di demolire la propria vasca navale, a disposizione dei corsi di ingegneria sin dagli anni ’50.

Abbiamo intervistato Roberto Prever, affermato ingegnere navale e parte del gruppo di professionisti che si sono espressi pubblicamente contro questa decisione.

Quali sono le ragioni per cui è stata presa la decisione di demolire la vasca?

Roberto Prever: da quanto ne sappiamo noi, la ragione è la ricerca di spazi. Per supportare questa decisione, sono state “costruite” delle motivazioni false come;

  • La vasca non serve più perché c’è la fluidodinamica numerica” – Falso, tutti i ricercatori del campo dichiarano che le vasche servono a livello scientifico. La loro utilità a livello didattico è poi indiscutibile;
  • “Costerebbe troppo da sistemare” – Falso, per rimetterla in una condizione sufficiente i soldi che sono stati spesi per demolirla sarebbero bastati. E se non si fosse lasciata senza manutenzione per decenni, non sarebbe nemmeno servito nessun investimento!
  • Costa troppo la gestione” – Falso, e in ogni caso irrilevante; se un laboratorio serve per la facoltà si tiene ed eventualmente si trovano dei finanziamenti aggiuntivi come fanno tutti (fondi per la ricerca, sponsorizzazioni, prove conto terzi);
  • “La vasca è piccola e obsoleta” – Falso, ai fini didattici non ha nessuna rilevanza, e prove conto terzi sono state effettuate fino a un decennio fa da aziende varie e da ACTV di Venezia.

Come sono state le tempistiche?

R.P.: Questo esattamente non lo so: il Tunnel di cavitazione deve essere stato smantellato circa 8 anni fa (2016?) e la decisione di smantellare la vasca credo sia del 2022 o qualcosa del genere

Per quale motivo la vasca è rimasta, prima della recente demolizione, in disuso per anni?

R.P.: Sostanzialmente per il (colpevole) disinteresse dei direttori di dipartimento e dei professori. La sperimentazione è più “faticosa” del lavoro a tavolino! La andata in pensione di alcuni professori ha sostanzialmente decretato la sua fine. Gli studenti sono molto “passivi” e non si sono interessati della vasca e del suo utilizzo.

La vasca era ancora utilizzabile, o si trattava di un “peso morto” su cui investire cifre notevoli per poter tornare a farla funzionare?

R.P.: La vasca, al momento del nostro sopralluogo del giugno 2023, era sostanzialmente nelle stesse condizioni del 1990. Chiaramente, non essendo mai stata fatta nessuna manutenzione ne aggiornamento per almeno 40 anni, necessitava di una certa “rinfrescata”. Ma l’hardware era perfettamente in grado di essere rimesso in utilizzo.

Le funzioni per quello spazio prospettate dall’Università, che si tratti di archivi oppure di laboratori, prefigurano un indebolimento del corso di studi in Ingegneria Navale a Trieste?

R.P.: Direi proprio di si; il fatto che siano state dette cose diverse sul futuro utilizzo è già un po’ preoccupante – in ogni caso non si parla di spazi per Ingegneria Navale.


Considerando che il percorso di laurea in Ingegneria Navale è in fase di espansione, in quanto a numero di studenti, come si potrebbe porre rimedio alla scelta fatta?

R.P.: L’unica via di uscita elegante sarebbe la ricostruzione in quello o in un altro spazio di una vasca moderna, non necessariamente più grande. Il problema maggiore resta la classe dirigente e i professori, di nessuna esperienza pratica e industriale  e nemmeno desiderosi di intraprendere rapporti con l’industria navale.

Sarebbe possibile costruire una nuova vasca utile sia all’università che alle aziende del settore?

R.P.: Certo, ma a costi infinitamente superiori rispetto al ripristino di quella esistente. Per fare due numeri; rimettere in sesto la vasca esistente, con le parti elettriche ed elettroniche da aggiornare, poteva costare 0.5 milioni di euro.

Una vasca nuova della stessa dimensione con le medesime attrezzature, al netto del costo degli spazi , dei permessi, dei progetti, ecc… costerebbe  almeno 10-15 milioni, senza contare che sarebbe una vasca senza “storia”, senza archivio e senza le persone in grado di dirigerla. Questo era quello che un rettore e un direttore di dipartimento avrebbe dovuto non permettere, imponendo l’utilizzo e la sperimentazione e la ricerca sperimentale.